Il primo Osmo è arrivato sul mercato nel 2018, ora arriva la seconda versione che si chiama DJI Pocket 2: cambia (in parte) il nome, ma la filosofia di base rimane la medesima. Un dispositivo compatto, intelligente e in grado di realizzare riprese di buona qualità senza utilizzare necessariamente fotocamere o smartphone.
Crescono di poco le dimensioni (che arrivano a 124,7 x 38,1 x 30 mm) mentre il peso rimane quasi invariato a 117 grammi. Anche la struttura vede ancora la zona del sensore e dell’ottica separata dal corpo principale permettendo al DJI Pocket 2 avere funzioni di stabilizzazione delle immagini o cambio dell’angolo di ripresa.
DJI Pocket 2: le caratteristiche tecniche
La stabilizzazione funziona su tre assi ed è supportato l’Active Track 3.0 per permettere di seguire un soggetto. Il meccanismo di controllo permette di muovere manualmente la ripresa da -230° a +70° sull’asse X, da -100° a +50° sull’asse Y e di +/-45° per il rollio.
Il nuovo DJI Pocket 2 ha un sensore da 1/1.7″ con campo di visione di 93°: questo comporta una lunghezza focale equivalente di 20 mm. La risoluzione massima è pari a 64 MPixel mentre l’apertura è di f/1.8. La sensibilità ISO varia da 100 a 6400 (risoluzione di 16 MPixel) o da 100 a 3200 (64 MPixel). La velocità dell’otturatore invece varia da 8″ a 1/8000″ garantendo una buona flessibilità di utilizzo. C’è poi uno zoom digitale 8X.
I video possono essere ripresi a 4K 60p, 2.7K 60p o FHD 60p ma è anche possibile riprendere filmati HDR 2.7K 30p o FHD 30p. Sono supportate poi le modalità di ripresa Timelapse, Motionlapse e Hyperlapse oltre allo slo-mo FHD 120p o FHD 240p. L’audio sfrutta la tecnologia DJI Matrix con quattro microfoni stereo migliorando la qualità complessiva delle riprese.
La batteria ha una capacità di 875 mAh che dovrebbe garantire un’autonomia di 140 minuti mentre il tempo di ricarica è di 73 minuti. Per chi non è esperto di editing ci si potrà affidare all’AI integrata nell’applicazione utilizzabile su smartphone. Il prezzo di DJI Pocket 2 è pari a 379 euro mentre la versione con la Creator Combo è pari a 519 euro.
Lotus, in occasione della Speed Week presso il circuito di Goodwood, nella città di Chichester, Regno Unito, ha mostrato alcuni prototipo della sua prossima hypercar elettrica denominata Evija.
Una vettura da 2 milioni di dollari e 2.000 CV portata in pista in tre modelli pre-produzione uno dei quali ha ospitato durante l’evento Lord March, figlio del Duca di Richmond proprietario della tenuta di Goodwood che ospita la pista, prima persona al di fuori del team di ingegneri a sperimentare la potenza di Evija.
“L’Evija è incredibile! la potenza, la velocità, non ho mai provato niente del genere, è stato eccezionale. Questa nuova hypercar elettriche dà vita al massimo dell’automobilismo per una nuova generazione e per un pubblico più giovane. Il progresso delle auto elettriche negli ultimi 10 anni è stato sorprendente. Esiste un enorme potenziale di crescita per queste macchine per continuare a permetterci di divertirci e guidare auto ad alte prestazioni. Lotus continua ad attrarre l’interesse con una vettura così divertente, e facile da controllare e godere” ha commentato al termine della prova Lord March.
“Ci stiamo divertendo molto a dimostrare l’Evija qui a Goodwood. Portare le auto a un evento come questo è una gradita pausa dalle centinaia di ore trascorse sui terreni di prova, dove c’è un’enorme quantità di spazio aperto e lunghi rettilinei per testare i limiti delle prestazioni dell’auto. Goodwood è un circuito veloce e scorrevole con numerose ondulazioni della superficie, e quindi è un fantastico test e dimostrazione per l’Evija in quanto è il tipo di ambiente in cui molti proprietari useranno l’auto” ha invece dichiarato Gavan Kershaw, responsabile del progetto per Lotus.
Lotus Evijas era stata annunciata con l’intenzione che venisse prodotta in soli 130 esemplari, con le prime vetture pronte entro la fine di quest’anno, ma per il momento il costruttore inglese non ha aggiornato tali informazioni a riguardo; per maggiori informazioni a riguardo vi invitiamo a visitare la pagina ufficiale dedicata a questa hypercar made in Lotus o consultare la pagina ufficiale della Goodwood Speed Week.
ARCTIC ha annunciato Freezer 50, un nuovo dissipatore a doppia torre compatibile con il socket AM4 delle CPU AMD Ryzen e i più recenti socket di casa Intel, dall’LGA 1151 all’ultimo LGA 1200 dei processori Core di decima generazione. Il dissipatore ad aria arriva dopo il Freezer 50 TR dedicato alle piattaforme Ryzen Threadripper, ed è venduto a 59,99 euro nella versione senza controller ARGB incluso e 69,99 euro con il controller. In entrambi i casi, il prodotto è accompagnato dalla pasta termica MX-4.
Freezer 50 si caratterizza per sei heatpipe a contatto diretto da 6 millimetri e 104 alette in alluminio con uno spessore di 0,4 mm. Le sue dimensioni sono di 148 x 149,5 x 166 mm (L x W x H) per un peso complessivo di 1160 grammi. Sulla torre trovano posto due ventole in configurazione push-pull, una da 120 mm e una da 140 mm per una rumorosità di 0,4 sone alla massima velocità (23,5 ~ 25 dBA).
La ventola da 120 mm opera tra 200 e 1800 RPM, mentre quella da 140 mm lavora tra 200 e 1700 RPM e sono di tipo Fluid Dynamic Bearing (FDB). Per quanto riguarda l’illuminazione RGB posizionata nella parte centrale del dissipatore, troviamo 13 LED ARGB, collegabili alla motherboard tramite un connettore a 3 pin. Come accennato, ARCTIC vende anche una versione con controller dedicato per quelle motherboard sprovviste di connettore ARGB.
In Ferrari attualmente godono di un’ottima politica azienda con risultato ultimo quello di aver ottenuto negli ultimi quattro anni un prezzo delle loro azioni aumentato di oltre il 200%.
Ad ogni modo limiti sempre più restrittivi sulle emissioni, e comunque un andamento globale che condanna i motori di grossa cilindrata e favorisce soluzioni più green, potrebbero nei prossimi anni non offrire profitti sicuri al costruttore italiano se dovesse portare avanti esclusivamente vetture spinte da motori a benzina.
All’inizio di quest’anno, la società ha affermato che l’attuale tecnologia delle batterie “non è sufficientemente evoluta” per una loro supercar elettrica e ha indicato di non avere in programma di spostarsi nel settore full-electric prima del 2025 sebbene ad inizio anno abbiano depositato alcuni brevetti a riguardo.
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Tuttavia Adam Jonas della Morgan Stanley, economista specializzato nel mercato automobilistico, ha affermato che il passaggio all’elettrico per Ferrari potrebbe rappresentare comunque un vantaggio sul piano degli investimenti:
“Nelle ultime due settimane, abbiamo rivolto alcune domande agli investitori sul pensiero piuttosto scomodo della transizione della Ferrari verso un futuro completamente elettrico dato il mutevole contesto normativo (ad esempio la California che vieterà la vendita di veicoli ICE entro il 2035) e numero crescente di importanti città che stanno cercando di vietare l’uso di veicoli a combustione dall’operare su strade pubbliche entro varie scadenze in tutto il mondo. Riteniamo che il risultato finale della transizione della Ferrari ai veicoli elettrici possa essere il motivo principale che influirà il prezzo delle loro azioni nei prossimi 3-5 anni”
Il team di Jonas ha sviluppato la propria argomentazione evidenziando come ad esempio Tesla sia in grado di ottenere prestazioni simili a quelle della Ferrari ma su veicoli molto più economici:
“Una Tesla Model S Long Range Plus ha un prezzo di partenza di 74.990 $. Ipotizzando un margine lordo del 25% (leggermente al di sopra della media aziendale) con il 30% di costo relativo al propulsore EV implicherebbe un Powertrain del valore di poco meno di 17.000 $. Passando alla Model S Performance, prezzo di partenza di 94.990 $, stimiamo il costo del propulsore EV in 23.000 $. E infine, passando alla Model S Plaid, da 0 a 60 in 2 secondi, che riteniamo sia la migliore offerta Tesla in linea con prestazioni di una Ferrari, stimiamo che il costo del suo propulsore Plaid sia di circa 40.000 $.”
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La Morgan Stanley ritiene che il passaggio a propulsori completamente elettrici potrebbe effettivamente far risparmiare un sacco di soldi alla Ferrari offrendo comunque prestazioni elevate:
“I potenziali risparmi che Ferrari potrebbe realizzare passando dal motore a benzina a quello elettrico sono molto significativi. Stimiamo che la Ferrari media potrebbe ridurre il costo del solo propulsore da circa 95.000 $ a 50.000 $ per un modello EV, con un risparmio di circa 45.000 $ ad unità. Applicato alla nostra previsione Ferrari per il 2022, tale aumento di margine offrirebbe una crescita economica del marchio di circa il 50% rispetto le nostra attuali previsioni”.
Considerazioni fatte esclusivamente sul piano economico e non sul piano ingegneristico, ma soprattutto senza tener conto di ciò che attualmente rende unica una ferrari ovvero proprio il loro iconico motore a benzina.
Ad ogni modo il mercato da diversi anni sta virando verso l’avvento di veicoli full-electric o ibridi plug-in, per tanto siamo sicuri che Ferrari, e il proprio comitato di investitori, vorranno iniziare a breve ad esplorare questo settore ben prima del 2025 come precedentemente dichiarato.
Le autorità di regolamentazione del mercato dell’Unione Europea hanno iniziato a compilare un elenco di circa 20 realtà del panorama “big tech” che saranno soggette ad un impianto di regole e norme molto più rigide con lo scopo di moderare il loro potere sul mercato. Secondo quanto si apprende da fonti anonime ma apparentemente ben informate sui fatti, le realtà presenti nell’elenco si troveranno in futuro nella condizione di dover rispettare una regolamentazione più severa rispetto a realtà di più piccolo calibro, tra cui norme che imporrebbero la condivisione di dati e informazioni con i concorrenti e una maggior trasparenza nel modo in cui raccolgono dati e informazioni.
Le grandi realtà tecnologiche sotto la lente dell’Unione Europea
Vi sono alcuni criteri alla base della composizione dell’elenco, tra cui le quote di mercato del fatturato e il numero di utenti: partendo anche solo da qui è verosimile supporre che nell’elenco troveranno comodamente posto realtà del calibro di Google, Facebook, Amazon e Apple, tanto per citare i “soliti nomi”. Il numero di aziende e i criteri definitivi per l’inclusione nell’elenco sono ancora oggetto di valutazione, ma le indiscrezioni che emergono sono comunque indicative di quanto la UE abbia deciso di affrontare con serietà la faccenda.
La misura fa parte di un nuovo impegno di Bruxelles per spingere le grandi aziende tecnologiche a mutare le rispettive pratiche commerciali, senza necessariamente lanciare un’indagine formale o senza che vi sia stata una reale constatazione di infrazione delle leggi attualmente esistenti. L’impegno è una risposta ad una serie di lamentele secondo cui l’attuale regime normativo ha dato luogo ad un’azione debole e tardiva e che ha fatto poco per promuovere la concorrenza.
Non solo multe: azioni più incisive per favorire la concorrenza
Secondo quanto si apprende dalle informazioni raccolte dal Financial Times, sembra che l’intenzione della UE sia quella di superare le semplici multe, che spesso vengono considerati dai grandi colossi semplicemente come un costo una tantum per poter continuare a svolgere le loro attività. Invece l’Unione vuole impostare un quadro normativo in cui possa muoversi velocemente e con efficacia nell’imporre a grandi aziende di condividere dati con i rivali e di adottare pratiche più rispettose della concorrenza. Non solo, l’obiettivo è che in casi particolarmente gravi l’UE si spingerà ad affrontare problemi strutturali che potrebbero condurre anche allo “spezzatino” di grandi realtà nel momento in cui si rileva un’azione volta ad ostacolare la concorrenza.
Nei giorni scorsi la Camera dei Rappresentanti USA ha pubblicato una relazione a seguito dell’audizione avvenuta la scorsa estate che ha visto i CEO delle quattro “grandi sorelle” citate sopra comparire dinnanzi al Congresso per rispondere ad una serie di quesiti in tema di antitrust. La commissione della Camera che ha condotto l’indagine ha rilevato una serie di azioni volte a conquistare e mantenere una posizione dominante di mercato con pratiche anticoncorrenziali, e ha suggerito un intervento del Congresso senza escludere, anche in questo caso, l’ipotesi “spezzatino”. Amazon, Apple, Facebook e Google sono state paragonate ai “baroni del petrolio” e ai “magnati delle ferrovie”.
I cosiddetti eFuel si ottengono tramite un processo di conversione del carbone o dell’idrogeno in carburante sintetico: se prodotti tramite le energie rinnovabili, possono contribuire a rendere i veicoli alimentati da motori a combustione interna (ICE) più sostenibili nel periodo di transizione verso la propulsione completamente elettrica.
Detlev von Platen di Porsche AG ha parlato di questo di carburanti alternativi durante le sessioni di TechCrunch: Mobility. La casa tedesca, come tutti sanno, in questo momento è concentrata principalmente sull’elettrico, e nella fattispecie sulle auto sportive elettriche come Porsche Taycan. Ma non solo, prevede di lanciare un SUV compatto completamente elettrico, mentre ha già sul mercato una serie di veicoli ibridi plug-in. La casa automobilistica, inoltre, afferma che la metà dei suoi veicoli sarà elettrica entro il 2025.
L’obiettivo di Porsche è quello di ridurre le emissioni nella misura prevista dall’Accordo sul clima di Parigi, e di farlo il prima possibile. Questo equivale a contenere l’impatto ambientale dell’intera industria automobilistica: un traguardo conseguibile, secondo Porsche, solo con lo sviluppo degli eFuel. Secondo von Platen grazie agli eFuel sarebbe possibile conseguire i traguardi di sostenibilità ambientale prima che il passaggio all’elettrico sarà definitivamente completato.
“Molti governi si stanno dotando di normative specifiche”, ha dichiarato Detlev von Platen, membro dell’Executive Board, Sales and Marketing, a TC Sessions: Mobility 2020. “La California è un esempio. In Europa e Cina la trasformazione sta arrivando molto rapidamente. A un certo punto, lo sviluppo e la produzione di motori a combustione diventerà ancora più costoso rispetto alla produzione di veicoli a batteria”.
Porsche da questo punto di vista si trova in una situazione diversa rispetto a quella degli altri produttori automobilistici, perché il 70% dei veicoli che ha prodotto nel corso della sua storia sono ancora in circolazione. I proprietari di veicoli Porsche sono, dunque, soddisfatti delle loro auto ICE e difficilmente propenderanno a breve per un veicolo a batteria. Pertanto, l’azienda vede gli eFuel come una risposta nell’ottica di contenere l’impatto ambientale dei suoi veicoli ancora in circolazione.
Porsche afferma che i carburanti sintetici condividono le proprietà elementari di cherosene, diesel e benzina prodotti a partire dal petrolio greggio in termini di capacità di propulsione, sebbene in passato le sperimentazioni abbiano palesato delle difficoltà in tal senso. “Questa tecnologia è particolarmente importante perché il motore a combustione continuerà a dominare il mondo automobilistico per molti anni a venire”, ha dichiarato Michael Steiner, membro dell’Executive Board, Research and Development di Porsche. “Se vuoi gestire la flotta esistente in modo sostenibile, gli eFuel costituiscono una componente fondamentale”.
I carburanti sintetici sono stati provati in passato e hanno fatto registrare poca trazione a lungo termine, il che non è compatibile con le prestazioni richieste dai motori Porsche. Ma von Platen sembra avere adesso le idee molto chiare. “Abbiamo avviato un programma pilota per parlare dell’industrializzazione di questa tecnologia di propulsione con l’obiettivo di renderla più economica, in quanto è ancora piuttosto costosa rispetto ai combustibili fossili”, ha detto von Platen. “Se riusciremo a migliorare questa tecnologia non solo apporteremo benefici in termini di sostenibilità ma faciliteremo la transizione alla tecnologia di alimentazione a batteria”.